ULTIME NOTIZIE SULLA LOTTA CONTRO IL COVID-19. TRA S.
SEVERINO E LA SOCIETA’ UMANA IN GENERALE
Monitorando, come sempre, la situazione per quanto riguarda le ultime
“news” sul famigerato e temibile Coronavirus iniziamo questo nostro servizio
con una lieta notizia – finalmente, tra tante meno buone: il Sanseverinese
Antonio Grimaldi – risultato positivo al Covid-19 – dopo circa un mese in
regime di isolamento domiciliare (principale regola di distanziamento sociale)
è guarito. Per lui, dunque, la fatidica “fase due” inizia alla grande – sebbene
sia ancora abbastanza provato dalla malattia. Ma per quanti soggetti,
individui, persone non sarà – invece – così? Per i malati, ovvio; per gli
anziani e le loro famiglie; per quelli che si sottopongono (purtroppo) a sedute
chemioterapiche. E per i… “pazzi”, i malati di mente, gli schizofrenici, i
bipolari, i borderline o i “semplici” depressi? Tutti sotto la fuorviante e
razzistica “etichetta” di pazzi (appunto – ma in senso negativo, dispregiativo
e non etimologico di “pazienti” – di chi accusa sofferenza), anormali… insomma,
di coloro che “non stanno bene” per antonomasia. E che devono finanche
vergognarsi di soffrire con la psiche. Ebbene, sono loro – oltre ai nonnini,
agli immunodepressi e a chi abbia fragilità; patologie pregresse più o meno
gravi (problemi di cuore, diabete, insufficienza renale eccetera) – a essere i
“soggetti” più “interessati” da particolari stati di ansia; da angoscia; da
paure “irrazionali” o da attacchi di panico. Eppure non si parla molto di loro.
Poveri “fantasmi” che si aggirano – secondo i benpensanti, a detta di chi è
“normodotato” – lungo sporchi (non frequentemente, per fortuna) corridoi di
case di cura o di cliniche. A volte, benché non sempre, veri e propri lager. In
genere, i medici e il personale parasanitario che si prendono cura (qui
etimologicamente) dei “dementi” sono validissimi, comprensivi, gentili,
disponibili e credono nel proprio mestiere o mission. Pochissime volte,
comunque, alcuni di loro sembrano scorbutici e menefreghisti. Anche le
strutture sono funzionali, tranne in sparute occasioni. Dove fungono, proprio, da
“campo di concentramento”. In cui stazionare, “parcheggiare” i parenti di cui
ci si vergogna – sì, perché sono matti, qualcosa non funziona. Mancano delle
rotelle. Non seguono le chimere del “sistema”. Vivono in un universo tutto
loro. Sono loro – assieme ai migranti, ai clochard o barboni, ai miseri e ai
derelitti o relitti umani - gli emarginati, i nuovi poveri, i lebbrosi, i
lazzari. Apparentemente senza dignità, quando è l’establishment a non averne.
Diverse volte i “pazzi” sono spenti da pesanti psicofarmaci e/o barbiturici.
Oppure lobotomizzati – idealmente – come in passato (oggi questo… “trattamento”
non è più usato, fortunatamente) per tenerli “buoni”, tranquilli. Un esempio di
come possa essere aspramente pregnante la vita nei “manicomi” è costituito
dalle scene forti del film “Qualcuno volò sul nido del cuculo”. Oppure dalla
raccapricciante esperienza umana della forte e combattiva poetessa Alda Merini.
Ma passiamo oltre, quanto sopra scritto ha avuto l’intenzione di squarciare un
velo sulla condizione allarmante di chi ha avuto o ha la “ventura” di soffrire
un po’ più di tanti “normodotati”. E non sono solo i malati psichici a dover
temere il “vermiciattolo” del Coronavirus. Per fortuna, riguardo loro, è stato
istituito – almeno per “attenuare” i fenomeni “medici” o gli episodi di ansia,
paura, nervosismo – in questo periodo un apposito numero verde di “supporto
psicologico”. A sostenere (anche moralmente) le loro “crisi”, l’acuzie, il
manifestarsi (conclamarsi) di evidenti momenti fuori controllo; di particolare
sensibilità al dolore “mentale” (il Nous). Il numero risponde alle cifre
800.833.833. Nel periodo di lock down - che attualmente (fase 2) pare evolversi
verso una lenta e incerta, cauta, ripresa – anche le donne vittime di violenza
domestica da parte di un partner “padrone” (nella maggior parte dei casi è
questa la realtà inerente ai femminicidi) sono in grave pericolo; soggette a
rischi incalcolabili. A Mercato S. Severino – però – l’associazione “Forum Lex”
ha messo in campo un servizio di “counseling” dedicato. Tutto rivolto all’altra
metà del cielo: un pool di esperte darà consigli e/o fornirà servizi ad hoc
alle signore o signorine che vivano tali problematiche. Ecco i contatti, per la
task force di S. Severino: avvocato Gabriella Marotta, 3393876610; psicologa
Nadia Petolicchio, 3200412421; referente Marina Coppola – 3931033796. E non
solo queste “categorie” soffrono maggiormente – rispetto ad altri – a causa del
virus: non dimentichiamo coloro che sono affetti da malattie gravemente invalidanti
e/o neurodegenerative. Dipendenti da macchinari e dall’infinito amore dei
“caregiver” di turno. Oppure gli “invisibili”! I già citati barboni, i
“puzzolenti” senza fissa dimora, gli homeless di qualsiasi nazionalità (anche
gli apolidi, i rom). Cui si sono aggiunti, in queste ultime settimane di
chiusura, molti altri “nuovi poveri”. Secondo delle stime recenti, pare che si
siano iscritti alla Caritas (almeno in Italia) ben 38mila avventori che prima
non erano assistiti da tale ente benefico. Uomini e donne di ogni età, e
soprattutto di vari ceti sociali (persone che “prima” erano benestanti, oppure
moderatamente agiate) che improvvisamente si son ritrovati senza lavoro, senza
un impiego, un’occupazione stabile, un posto nel quale “stare” o risiedere “dignitosamente”.
Grazie all’aiuto di istituzioni “sociali” – se così possiamo affermare – quali
il Banco Alimentare o anche di privati, non c’è sicuramente limite alla
beneficenza. All’umanità. Dal latino “homo”, da “humus” (terra) – donde
“humilis”, ovvero: “basso come la terra”. Ricordiamo che diversi volontari
hanno contratto il Covid-19 (sembra qualche decina). Dal lato ecclesiastico,
anche i sacerdoti scomparsi a causa del Coronavirus formano un numero cospicuo.
Ma di questo non si parla; non si parla neanche degli interventi a cura delle
alte sfere vaticane – prima fra tutti il santo pontefice Francesco. Che ha
stanziato aiuti economici o ha fornito macchinari e dispositivi di protezione
individuale (o dpi) come ventilatori polmonari ad ospedali e strutture
pubbliche o private. Tutto questo è stato sottaciuto (forse in quanto il bene
si compie in silenzio?). Anche a S. Severino, almeno in precedenza alle misure
di contenimento/distanziamento sociale imposte dal contagio, è stata data una
grande attenzione – da parte della Caritas interparrocchiale di S. Antonio e S.
Giovanni – alle rilevanti problematiche, esigenze e legittime richieste di
tanti nuclei familiari in difficoltà. Italiani (specialmente Sanseverinesi) o
immigrati, residenti nelle vicinanze. Numeri che danno il polso di una
situazione drammatica. Sono (state) diverse centinaia sia le famiglie che si
sono recate presso la realtà di piazza Dante che i singoli capofamiglia –
almeno in questi ultimi anni. Senza contare le occasioni di beneficenza e di
solidarietà (soprattutto – la prima deve derivare dalla seconda) attuate, oltre
che dalla Caritas, dalle associazioni del territorio. Accanto agli “angeli
custodi” della locale Protezione Civile o Epi (Emergenza pubblica Irno) - che
pattugliano e perlustrano il comprensorio, recando farmaci a domicilio oppure
dotando le famiglie con componenti in età scolare di computer e tablet per la
“didattica a distanza” – ecco gli entusiasti “ragazzi” dei sodalizi “Sos
Arcangeli” (dalla frazione S. Angelo) e “Lo avete fatto a me”; una realtà
associativa del capoluogo. Non associazioni “ufficializzate” e/o
“gerarchizzate”. Ma solo un gruppuscolo, piuttosto nutrito, di volontari, di
“filantropi”. Che recano pasti caldi e qualche sorriso, un paio di chiacchiere,
due parole, una coperta calda in inverno a numerosi sfortunati di Salerno e
dintorni. Spontaneamente, con ottima volontà. Si tratta di persone di ogni età
ed estrazione sociale. Torniamo a noi. Nella fattispecie locale di Mercato S.
Severino, nonché della intera Valle Irno e anche nell’Agro Nocerino Sarnese, in
questi giorni senza poter partecipare (non semplicemente “frequentare”!) alle
celebrazioni eucaristiche ecco che molti sacerdoti hanno trovato il modo per
continuare ad “attirare” i fedeli verso Cristo Eucaristia. Imprescindibile
nelle nostre esistenze; il mondo potrebbe continuare ad esistere senza sole ma
non privato del Corpo del Signore! Tra dirette streaming sui social media o
network e catechesi a distanza, esortazioni, sollecitazioni, lettere e pensieri
o altre peculiari iniziative “pastorali” (molto opportune), vari parroci hanno
portato la Parola, il Verbo, il Logos del Signore alle proprie collettività o
comunità. Anche l’arcivescovo Andrea Bellandi – che festeggia in questi giorni
il suo primo anniversario, come presule della diocesi salernitana – ha inteso
benedire il popolo di fedeli salernitani in occasione del Venerdì Santo. Quando
si è recato – in un ideale flash mob tutto religioso – su un mezzo (pick-up)
dei Vigili del Fuoco con la famosa “Spina Santa” di Giffoni Valle Piana.
Partendo dall’ospedale “Ruggi” e giungendo alfine al duomo. Qui ha impartito la
benedizione alla cittadinanza. La Spina Santa è una reliquia derivante proprio
dalla corona di Gesù sulla croce. Chiudiamo l’argomento. Prima di iniziare
questa seconda fase di “convivenza” con Cov-2, tante sono state le proteste da
parte dei porporati religiosi. In merito alla sacrosanta libertà di culto. Il
succo del discorso, il nocciolo verteva sul fatto che molti restringimenti sono
stati allentati, nella vita pubblica, civile, quotidiana – nelle ultime ore.
Perché, dunque, non “aprire” (maggiormente) anche alle celebrazioni e alle
Sante Messe? Una questione che è in via di risoluzione – a breve. Rispettando
le normative, le regole imposte e le misure di sicurezza per evitare i contagi
e le infezioni. Appunto per questo, si pensa di poter finalmente celebrare i
funerali in modalità più consona a un essere umano che decede. Però il feretro
dovrà, per il momento, essere seguito solo da una quindicina di familiari e/o
parenti stretti. Benvenuta, allora, fase due. Secondo step. Che però, in questi
primissimi giorni, sta vedendo un assembramento assurdo di persone nei parchi e
in luoghi o aree comuni. In tutta Italia e all’estero. È troppo, così non va;
occorre ancora – e maggiormente – essere prudenti e guardinghi. Saggi, oculati.
Responsabili. A S. Severino, in pochi sulla pista ciclabile (con apposita
mascherina) ma in molti in piazza Dante – a detta di qualche residente. La
piazza vede ergersi il noto e rinomato convento francescano, dedicato ad
Antonio da Padova. Si è osservato un movimento piuttosto esteso. Però, tutto
sommato, abbastanza disciplinato. Come pure disciplinato e fluido è risultato
il traffico, il movimento dei Meridionali rimasti – in tutto questo tempo – al
Nord (in quarantena) e che hanno preso treni e mezzi pubblici (naturalmente con
tutte le precauzioni del caso, almeno si spera) per recarsi nelle nostre amene
regioni del Sud. Anche se alcuni con la febbre. Anche se qualcuno ha parlato –
ma è tutto da verificare, sebbene la notizia sembri sicura, certa, assodata –
del fatto che dopo il tampone una ventina di “pendolari” sia stata riconosciuta
come positiva al Covid. E allora? Allora affidiamoci alla scienza. E al buon
senso, alla responsabilità. Ma anche al nostro – individuale, personale,
universale, collettivo, condiviso – credo religioso. Alla fede. E ai retaggi –
seppur di origine pagana – ad essa legati. Come non ricordare che da pochissimi
giorni si è sciolto, miracolosamente, il sangue del caro protettore della
Campania S. Gennaro? Speriamo che il santo taumaturgo – invocato nelle
disgrazie, durante i tempi difficili e nel corso di eventi calamitosi come
peste, colera e quant’altro – non ci deluda e ci salvi (definitivamente) da
questo nemico piccolissimo, invisibile. Sarebbe bellissimo raccontare, un
giorno, ai posteri – figli, nipoti, parenti – che molti numi tutelari hanno
protetto l’Italia dalla furia del Covid-19. In Campania, infine, le “divinità”
sono – oltre all’Onnipotente – appunto S. Gennaro ma anche il
governatore-sceriffo Vincenzo De Luca. Che coltiva (e “cavalca”) il proprio
personaggio caricaturale.
Articololodi: ANNA MARIA NOIA
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